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mercoledì 4 aprile 2018

Archeologia. Dal Libano all’Atlantico: inquadramento storico della diaspora fenicia, in "I Fenici del mare e le vie dei tonni". Un’inchiesta storico-archeologica dal Mediterraneo orientale all’Atlantico. Articolo di Piero Bartoloni


Archeologia. Dal Libano all’Atlantico: inquadramento storico della diaspora fenicia, in "I Fenici del mare e le vie dei tonni". 
Un’inchiesta storico-archeologica dal Mediterraneo orientale all’Atlantico:
Quaderni stintinesi 7, Sassari 2017, pp. 33-39.
Articolo di Piero Bartoloni

Agli inizi del XII secolo a.C., dopo un periodo caratterizzato dai rivolgimenti politici e sociali provocati dall'invasione dei cosiddetti Popoli del Mare, si cominciò a definire una facies culturale comune nell'attuale fascia costiera libanese che si può a pieno titolo definire come Fenicia. A partire di questo momento tutte le città-stato rivierasche della costa siro-palestinese, in precedenza sottoposte alla signoria, a nord, del regno anatolico degli Hittiti e, a sud, del regno d'Egitto, poterono usufruire di circa 400 anni di nuova libertà ed ebbero la possibilità di sviluppare piccoli stati prevalentemente cittadini e di incrementare il commercio e la produzione artigianale in totale autonomia.
Le città più importanti e che influirono maggiormente nella storia dell'antica  Fenicia furono certamente Biblo, Tiro e Sidone, che si alternarono nell'influenza politica sul Libano. Ciò accade in
specie per Tiro e Sidone: dove il nome di Tiri e Sidonii definisce a più riprese i Fenici nel loro insieme. Più a sud, oltre l'attuale confine con il territorio israeliano, erano i centri di Akhziv e di Akko mentre a nord. nell'attuale territorio siriano esistevano ulteriori insediamenti, anche di tipo insulare come Arwad. La principale risorsa del Libano era costituita dalle enormi foreste che ricoprivano le catene montuose e che fornirono legname pregiato a tutte le regioni del Vicino Oriente, comprese la Mesopotamia e l'Egitto. Anche lo sfruttamento delle risorse fornite dal mare fu intenso: oltre alla conservazione sotto sale del pescato, tra le più importanti vi furono la raccolta dei molluschi del genere dei murici (che furono alla base della produzione della porpora) e l'ampio utilizzo delle sabbie silicee, fondamentali per la realizzazione del vetro. L'abilità delle maestranze fenicie si evidenzia soprattutto quando, secondo il racconto biblico, il re Salomone chiese al re Hiram di Tiro di inviargli i suoi artigiani per la costruzione del tempio di Gerusalemme: "E ora comanda che mi taglino cedri dal Libano: e i miei servitori stessi mostreranno d'essere coi tuoi servitori. e io darò le paghe dei tuoi servitori secondo tulio ciò che tu dica. poiché tu stesso sai bene che fra noi non c'è nessuno che sappia tagliar alberi come i Sidonii" ( I Re 5, 6).
Ancorché il clima fosse particolarmente favorevole, gli spazi disponibili attorno ai centri abitati da dedicare alla produzione agricola e all'allevamento erano esigui, salvo considerare le ampie piane di Akkar a nord e di Akko verso meridione. La necessità di reperire materie prime e oggetti preziosi creò la necessità di organizza re imprese commerciali verso mercati situati sia nel Mediterraneo occidentale che nel Mar Rosso. Il rame di Cipro, il ferro di Cilicia, il bisso e la porpora delle città della costa siriana, l'avorio dell'Africa, l'incenso e le spezie del Corno d'Africa. gli animali esotici dall'India arricchirono le città della Fenicia. Tali imprese, che implicavano lunghi tragitti e alti costi, potevano essere organizzate unicamente dai detentori del potere, cioè dai membri della casa reale e dalla casta sacerdotale dei templi più importanti, quali quello del dio Melqart, divinità poliade di Tiro assieme al la dea Ashtart. Solo pochi mercanti privati, uniti in compagnie. poterono affrontare lo sforzo economico di un' impresa che talvolta implicava due o tre anni di viaggio. unitamente all'alto rischio di naufragio, come pure evidenziano due importanti relitti dell'VIII sec. a.C. rinvenuti a largo delle acque di Ascalona (BALLARD et a/ii 2002).
La principale rotta verso Occidente, nota anche con il nome di ''via delle isole", partiva dalle città costiere della Fenicia e raggiungeva l'isola di Cipro o la costa della Cilicia, lungo la sponda meridionale dell'Anatolia. Da questi luoghi raggiungeva l'isola di Rodi e, risalendo verso nord. s'inoltrava nel Mar Egeo. Se, invece, proseguiva verso Occidente, toccava l'isola di Scarpanto e l' isola di Creta. Quindi risaliva verso l' isoletta di Kithera, sfiorava il Peloponneso alla base della Grecia e, proseguendo verso nord, giungeva verso l'isola di Corfù. Da queste acque traversava il Mar Ionio e, costeggiando la costa calabra, traversava lo stretto di Messina e giungeva presso l'arcipelago delle Lipari, punto di partenza per la traversata verso la Sardegna o verso i mercati disseminati lungo la costa tirrenica. tra i quali l' isola di Pithekoussai (attuale Ischia). Raggiunta la Sardegna, la rotta proseguiva sia verso la costa africana che verso le isole Baleari , dalle quali raggiungeva la costa iberica all'altezza di Valencia e quindi, percorrendo la costa Andalusa, traversava le cosiddette "Colonne d'Ercole", ovvero lo Stretto di Gibilterra, e sboccava nell'Oceano Atlantico, raggiungendo da ultimo la città di Cadice, la più antica colonia fenicia, fondata tradizionalmente nel 1110 a.C. Nel mondo degli studi sui popoli rivieraschi del Vicino Oriente ci si è spesso chiesto quali rotte seguissero i Fenici nel loro percorso verso Occidente e le motivazioni di tali scelte. Dopo lunghe indagini effettuate nei centri costieri del Mediterraneo e dopo accurate analisi fisiche, chimiche e archeometriche, ci si è potuti rendere conto che, la ricerca dei metalli preziosi, primo fra tutti l'argento, costituiva di certo il primo impulso delle straordinarie imprese dei navigatori fenici. Tuttavia, un incentivo fu dato anche dalla situazione politica della madrepatria, le cui città principali, tra le quali ad esempio Tiro, Sidone e Biblo (ma anche Tripoli, Beirut, Sarepta etc.), fin dagli inizi dell'VIII sec. a.C. e in maniera progressiva e crescente furono sottoposte a tributi forzosi da parte dei sovrani dell'impero assiro. Questa incerta situazione, unita all'incombente debito alimentare, incentivò l'esplorazione dell'Occidente mediterraneo, al la ricerca di nuove risorse, con destinazione verso i grandi bacini argentiferi, ubicati lungo la costa meridionale atlantica dell'attuale Andalusia e in Sardegna. Fin dagli albori della navigazione antica, la Sardegna fu meta e crocevia di commerci grazie alle sue rilevanti risorse naturali. A iniziare dal quinto millennio a.C. vi fu un fiorente traffico di ossidiana, vetro vulcanico utilizzato soprattutto in età neolitica per fabbricare lame, principalmente verso l'area del Golfo del Leone. Successivamente, verso la metà del secondo millennio a.C., prima i navigatori micenei, poi i mercanti orientali furono attratti dalle ricchezze minerarie del l'isola e dal le possibilità offerte dal mercato dei metalli. Quantunque si possa segnalare la presenza di alcune miniere in Sardegna, si può ricordare soprattutto un intenso traffico di rame in arrivo da Cipro che, probabilmente, non era di per sé sufficiente a soddisfare le richieste di mercato. Invece, sono da citare in uscita verso i mercati dell'Oriente grandi quantità di argento, metallo che costituiva la base delle grandi transazioni economiche. È necessario precisare che le miniere e forse anche una parte del processo di trasformazione dei minerali erano diretto appannaggio delle popolazioni nuragiche, che erano proprietarie dei giacimenti ubicati  prevalentemente nell'attuale distretto territoriale del Sulcis Iglesiente. Quindi, a partire dal XIV secolo a.C. , lungo le coste della Sardegna si alternarono prima i mercanti micenei e poi. in successione dopo la dissoluzione della talassocrazia micenea e dopo l'invasione dei "Popoli del Mare" in Oriente, a partire dai primi decenni del XII secolo a.C., iniziarono ad arrivare i naviganti levantini di provenienza orientale, dapprima i Filistei, seguiti dai Ciprioti e dai Siriani del nord e, infine, dai Fenici. I primi anni dell'VIII secolo a.C. vedono la nascita degli impianti urbani fenici nel Mediterraneo occidentale e dunque anche in Sardegna. In questo periodo, l'approccio fenicio sembra animato da una concomitanza di interessi, tra i quali non solo quelli commerciali. Ciò che pare prevalere è il desiderio di una nuova realtà territoriale che, tuttavia, appare legata a precedenti consuetudini della madrepatria. In buona sostanza, in questo primo periodo i coloni fenici che giungono in Sardegna sembrano legati all'ambiente dell'aristocrazia mercantile libanese. Traccia di ciò è, per esempio, nella necropoli rinvenuta in località San Giorgio, presso l'antico abitato sottostante l'attuale Portoscuso. Si tratta di un piccolo impianto funerario a carattere spiccatamente familiare, databile attorno alla metà dell'VIII secolo a.C . composto da una decina di tombe, distante dall'abitato di riferimento, secondo precisi canoni topografici riscontrati anche nelle più antiche colonie fenicie della penisola iberica, criteri che, tuttavia, non scendono oltre la metà del VII secolo a.C. Gli insediamenti costieri fenici rientrano tutti indistintamente nei parametri in uso nella madre patria: si tratta in ogni caso di centri ubicati su un rilievo a poca di stanza dalla costa e in prossimità di un fiume che ne costituiva l' indispensabile e vitale porto. Innanzi tutto, occorre osservare che. contrariamente a quanto era accaduto in epoca precedente. gli insediamenti stabili non interessano più tutte le coste della Sardegna, ma solo una parte. È evidente che sussistono anche gli insediamenti a carattere temporaneo disseminati soprattutto lungo le coste settentrionali e orientali dell'isola ma, a partire dai primi decenni dell'VIII secolo, sembra esaurirsi progressivamente e inesorabilmente la loro funzione commerciale. legata soprattutto alle risorse minerarie. Rimangono poche tracce di antichi insediamenti quali quelli di Basa sul fiume Temo, forse di origine filistea in virtù di una breve iscrizione su pietra oggi scomparsa. e di Magomadas, letteralmente "nuovo mercato" in lingua sia filistea che fenicia, poco a sud di Bosa. Alcuni altri siti sono da ritenere di probabile origine precoloniale, in relazione alla loro posizione lungo la costa e rispetto ai giacimenti minerari di argento e di rame, anche se i ritrovamenti effettuati nei settori di appartenenza sono tutti di epoca successiva a quella precoloniale. Si tratta degli insediamenti dell'attuale Posada (Feronia?), di Orosei alla foce del Cedrine, di Santa Maria Navarrese e di Lotzorai, di Sulci (attuale Arbatax), di Saralapis (attuale San Giovanni di Sarralà), di Quirra, di Sarcapos (attuale Santa Maria di Villaputzu) e di Cuccureddus di Villasimius, presso il Capo Carbonara (BARTOLONI 1990).
Nel periodo precoloniale e nella prima stagione della stabilizzazione il commercio, che aveva caratteristiche itineranti , era sostenuto soprattutto dai luoghi di culto, dedicati al dio Melqart e alla dea Ashtart, disseminati lungo la rotta da Oriente a Occidente. Anche lungo le coste della Sardegna sono stati rinvenuti alcuni templi, tra i quali quello di Cuccureddus di Villasimius e quello di Ashtart Madre sul Capo Sant'Elia, all'interno dei quali avvenivano le transazioni commerciali e dove venivano depositati i documenti contabili contrassegnati dai contraenti e sottoposti alla tutela e alla garanzia della divinità. In progresso di tempo la politica economica ormai era volta non più verso un fugace scambio di beni, bensì divenne consueto uno sfruttamento delle risorse del territorio. Grande incremento ebbe il taglio del legname, non solo a favore dell'agricoltura, e, sfruttando le numerose lagune costiere, furono impiantate molte saline. Desta interesse la narrazione che lo scrittore Erodoto (IV, 42) ci ha tramandato sullo svolgimento del viaggio di circumnavigazione del continente africano commissionato ai Fenici dal faraone Necao. Narra Erodoto che il viaggio durò ben tre anni, poiché, all'arrivo dell'autunno i Fenici prendevano terra, seminavano il grano e ripartivano solo dopo aver effettuato la mietitura:
"La Libia infatti si rivela essere interamente circondata dal mare, fuorché nel tratto di confine con l'Asia. Per quanto ne sappiamo il primo ad averlo dimostrato fu il re d'Egitto Necho: interrotto lo scavo del canale che dal Nilo porta al Golfo Arabico, egli inviò dei Fenici su delle navi con l'incarico di attraversare le colonne di Eracle sulla via del ritorno. fino a giungere nel mare settentrionale e così in Egitto. I Fenici, pertanto, partiti dal Mare Eritreo navigavano nel mare meridionale; ogni volta che veniva l'autunno, approdavano in qualche punto della Libia dove fossero giunti, seminavano e aspettavano il tempo della mietitura. Dopo aver raccolto il grano, ripartivano. così che al terzo anno, dopo due trascorsi in viaggio doppiarono le colonne di Eracle e giunsero in Egitto. E raccontarono anche particolari attendibili per qualcun altro ma non per me, per esempio che nel circumnavigare la Libia si erano trovati il sole sulla destra" (HDT. IV, 42). 
Ciò per sottolineare la necessità del reperimento del cibo durante la navigazione che dalla costa libanese alle Colonne d'Ercole e all'Atlantico durava teoricamente almeno tre mesi. Si ricorda comunque che i principali alimenti adottati dall'antica marineria. che fornissero un apporto calorico necessario e resistessero a una lunga conservazione, erano i fichi secchi, le olive in salamoia e l'uva passa. In un ambiente sconosciuto e forse considerato ostile l'unico arricchimento della dieta di relativamente semplice acquisizione era costituito dal pesce. Non esistono al momento prove dirette di questo assunto, ma un insieme di indizi porta a credere nella sua ragionevolezza. Dapprima gioca a favore la grande tradizione dell'industria conserviera del pescato che questo popolo aveva conservato fino al l'età romana imperiale. Si ricordino i numerosissimi impianti di conservazione del pescato di età romana disseminati lungo la costa meridionale della penisola iberica e si consideri che con ogni probabilità sono tradizionalmente anteriori a questo periodo e dunque relativi all'epoca fenicia e punica. Infatti, per quanto riguarda il periodo punico, si pensi ad esempio al famoso garum gaditanum, prodotto a Cadice e nel suo circondario con pesce azzurro, soprattutto sgombro, e tanto importante nell'economia della città da essere addirittura effigiato sulle sue monete. Un ulteriore tipo di commercio, fondamentale nell'economia del mondo antico. fu quello del sale, componente alimentare indispensabile e fondamentale ingrediente per la conservazione del pescato (FARISELLI 2006). Ad esempio, per venire a tempi più vicini ai nostri, la fortuna della stessa Roma si deve alle saline della foce del Tevere, il cui prodotto veniva poi smerciato nel cuore dell' Italia centrale attraverso la Via Salaria, il cui stesso nome suggerisce la sua funzione. Anche in Sardegna il sale costituì una fonte primaria di commercio, gestita in modo capillare dai Fenici. 

Infatti, a ben vedere, la maggior parte degli insediamenti costieri è collocata in prossimità di lagune. In alcuni casi le saline sono ancora oggi attive: si vedano per esempio quelle di Cagliari, di Sant'Antioco e di Carloforte (Fig. 9). Inoltre, si pensi a città nord-africane di fondazione fenicia, quali ad esempio Tunisa, presso Ras Zebib, e Missua, presso Ras El Ahmar, attive fino all'età romana imperiale del IV secolo d.C. e poi scomparse a causa dei drastici mutamenti delle condizioni ambientali. Ebbene, in queste località fino a pochi anni or sono erano ancora ampiamente attive le tonnare, mentre i centri abitati contemporanei di afferenza erano ormai molto distanti dalla costa. In relazione alla Tunisia possiamo anche citare alcuni studi sulle note tonnare di Sidi Daoud, nella costa occidentale del Cap Bon, nelle quali è rintracciabile verosimilmente un antico retaggio di derivazione fenicia e punica (BORREL
1956; HATIOUR 2005).

Fonte: https://www.academia.edu/34229684/Dal_Libano_all_Atlantico_inquadramento_storico_della_diaspora_fenicia_in_I_Fenici_del_mare_e_le_vie_dei_tonni._Un_inchiesta_storico-archeologica_dal_Mediterraneo_orientale_all_Atlantico_Quaderni_stintinesi_7_Sassari_2017_pp._33-39

1 commento:

  1. http://www.ansa.it/canale_scienza_tecnica/notizie/terra_poli/2018/04/26/sorprese-dai-neanderthal-sapevano-navigare-_a23bca39-4686-490f-a98f-f1ed819ae497.html

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