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mercoledì 9 aprile 2014

Menhir, le perdas fittas legate al sacro che ancora nessuno riesce a spiegare.

Archeologia. Menhir, le perdas fittas legate al sacro che ancora nessuno riesce a spiegare
di Pierluigi Montalbano.


Premesso che ogni menhir fa storia a se, un'indagine seria sui menhir deve utilizzare un approccio metodologico scientifico così da alimentare una discussione che abbia dei presupposti non fantasiosi.
Davanti a una pietra, per stabilire se si tratta di un menhir occorre, anzitutto, capire se l’uomo ha lasciato delle tracce su questa pietra. Dobbiamo avere l’umiltà di partire da zero, come se non sapessimo niente sulla questione. Per non limitare la ricerca ai soli dati morfologici, possiamo osservare se intorno si trovano strutture che ci aiutano nell’interpretazione del territorio, ad esempio tombe, villaggi o nuraghi. A volte individuiamo gruppi di menhir sui colli, o allineamenti lungo le strade di transumanza che collegano vari villaggi, oppure singoli o a gruppi sparsi nei siti sacri dedicati ai defunti.
Il territorio circostante e l’esame della pietra forniscono i principali dati oggettivi. Occorre capire se è stato dato un significato alla forma.
Il mondo occidentale e quello orientale forniscono diversi significati alle simbologie, offrendo panorami ideologici diversi. Nel vicino oriente, gli artigiani hanno un modo di “scalpellinare” la pietra che mira a realizzare un bassorilievo dettagliato con simboli, scene varie, astri o animali.

Ogni stele è fatta per essere mostrata alla gente e quindi usa un sistema di comunicazione perché vuole dire qualche cosa. Se, ad esempio, si trova su un colle o su un sentiero serve per segnalare qualcosa alla gente di passaggio. Diversamente, una stele che si trova nei pressi di un edificio segnala qualcos'altro. Un allineamento di monoliti ha un significato ancora differente.
In Sardegna i menhir censiti sono quasi 800, ma la ricerca è ancora in corso. Nel sud della Corsica ci sono oltre 120 stele infisse verticalmente sul terreno e ancora non siamo riusciti a capire cosa volessero dire a chi le osservava, soprattutto perché oggi utilizziamo un linguaggio diverso. Le due grandi tipologie di menhir sono quelli lavorati dall'uomo e quelli naturali.
Bisogna, quindi, distinguere con attenzione le pietre “brutte”, sulle quali l’uomo non è intervenuto, e le pietre lavorate. Queste ultime possono dividersi in altre categorie, secondo le modifiche apportate. Alcune, ad esempio, presentano una testa, un busto e un collo che separa le due parti. La morfologia può essere antropomorfa, con occhi, bocca, naso, vestito, mantello, cappello. A volte troviamo un’arma, ad esempio un pugnale o una spada con una morfologia particolare.
Negli anni ‘Settanta si misuravano tutte le dimensioni ma il discorso non andava più lontano, non c’era una riflessione, e ancora oggi gli studiosi offrono prevalentemente dati riguardanti la forma, l’altezza, il peso e il luogo di ritrovamento. In Sardegna abbiamo menhir assimilabili, nella forma, alle stele centinate che sono posizionate negli ingressi delle Tombe di Giganti o alle grandi pietre infisse nel terreno a formare l’esedra. Altri menhir mostrano sculture in bassorilievo che rappresentano teste umane o armi nella linea della cintola ma non sappiamo che rapporto c’è fra le une e le altre.

E’ interessante studiare anche i menhir non finiti, cioè quelli nei quali lo scultore non riusciva a regolarizzare la forma e abbandonava il lavoro. Verosimilmente quelli che hanno armi dello stesso tipo sono cronologicamente vicine. Le statue possono essere iconiche o aniconiche, ossia prive di raffigurazioni. Negli allineamenti si notano pietre di diversi tipi, anche vicine, e l’interpretazione offre parecchi dubbi. Un primo esame formale ci aiuta a individuare se è presente una faccia piatta, e attraverso questa possiamo determinare l’orientamento. Spesso le statue sono rivolte verso oriente, mostrando un elemento intellettuale importante ricercato dallo scultore, un motivo condiviso dall’ideologia della comunità che voleva allinearle in un certo modo.
Stele aniconiche e statue antropomorfe possono essere affiancate, così come grandi e piccole, e si trovano in gruppi o allineate, e tutte queste statistiche hanno un significato da capire.
Per giungere a dati sensibili che ci aiutano ad interpretare queste pietre verticali, bisogna pensare a dei gruppi umani che vivevano nelle immediate vicinanze, in villaggi o capanne sparse nel territorio. Fra i vari territori antropizzati ci sono sempre dei rapporti commerciali e dei legami, o accordi di vario genere.

L’allineamento potrebbe essere il simbolo di un “cantone”, ossia evidenziare un gruppo di villaggi vicini che collaborano. Lo troviamo generalmente in un territorio pianeggiante, pur se alto sul livello del mare. Spinto dalla curiosità sui motivi che spinsero alcune comunità a realizzare queste opere, ho deciso di effettuare una laboriosa serie di ricerche sul campo. Ho escluso i menhir singoli e quelli nei pressi dei luoghi dedicati ai defunti, e ho selezionato solo quelli individuati nelle vie di transumanza o lungo i sentieri che presentano “snodi” che conducono a villaggi vicini. Ad esempio, in Corsica, in località Filitosa, i dati mi hanno suggerito un’ipotesi che vede un “modello” ben preciso di posizionamento, legato al numero di “comuni” che collaboravano, in un dato periodo, allo sfruttamento di un territorio. A mio avviso si tratta di un sistema che risponde a determinati requisiti, primo fra tutti la volontà di rappresentare con un menhir ognuno dei villaggi interessati al cantone, e si nota una caratteristica interessante: la grandezza dei menhir è proporzionata all’importanza del villaggio di riferimento. In conclusione, la mia sensazione è che ogni comune aveva il suo menhir, con il quale “comunicava” la propria importanza nel territorio.

Ho verificato questa possibilità anche in altri territori, scoprendo che l’allineamento è la somma dei comuni aderenti al cantone. Riportando sulle mappe del territorio questo studio, l’ipotesi funziona. Ora sarà compito degli archeologi preistorici stabilire se questo sistema è valido e, in questo caso, indagare da un altro punto di vista queste poderose perdas fittas per le quali la semplice misurazione non ha offerto spunti di comprensione funzionale.

Nelle immagini, tratte dal web, il menhir di Meada, quello di Monte d'Accoddi (con l'amico Pier Paolo Saba che posa accanto), gli allineamenti di Carnac, una serie di menhir in Armenia e alcuni menhir della Corsica, a Filitosa.

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