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mercoledì 3 luglio 2013

Archeologia: “Sardegna, nursery del Neolitico”, il libro di Ulisse Piras

Archeologia: “Sardegna, nursery del Neolitico”, il libro di Ulisse Piras.


Presentazione a cura dell'autore:
Negli ultimi anni sono state presentate diverse nuove ipotesi che trattano in modo originale e approfondito i temi relativi alle origini e allo sviluppo della civiltà umana. Un processo in apparenza complesso, composito e disarticolato, al punto da lasciare perplessi anche gli scienziati più illustri. A differenza dei dettagliati ma circoscritti interventi che appaiono sulle pubblicazioni specialistiche, alcune fra le più affascinanti teorie proposte al pubblico sono uscite dalle menti di autori che non seguono gli schemi consueti. La grande sfida di ogni autore è rappresentata dalla capacità di coinvolgere i lettori, senza esporsi al rischio di apparire un romanziere, anziché un leale studioso certosino.
Benché molti autori concordino sul fatto che la Sardegna occupò un ruolo importante nel processo di diffusione della cultura umana durante il Neolitico, molti tasselli del mosaico rimangono vaghi o nebulosi. Insomma, nel campo dell’archeologia, dove ogni scavo può ribaltare le ipotesi precedenti, nessuna pubblicazione scientifica o meno, sembra potersi proporre come definitiva e gli autori hanno difficoltà nel mettere in relazione, in modo organico e metodico, i tanti indizi finora raccolti.
In questi giorni uscirà nelle librerie un libro che rompe le interpretazioni canoniche. Titolo dell'opera: Sardegna, nursery del Neolitico (edizioni Phasar, Firenze). Con un approccio metodologico critico e rigoroso l'autore contesta apertamente l'idea che il processo di evoluzione della cultura umana sia stato incoerente o ambiguo, così come finora appare nelle pubblicazioni più autorevoli.
Secondo l’autore, Ulisse Piras, sociologo e ricercatore, le spiegazioni canoniche appaiono superficiali o comunque espresse basandosi su dati incompleti o conoscenze limitate. A suo dire, alla luce delle nuove scoperte sono esistiti personaggi e si verificarono eventi che risultano parte di un processo reale, documentabile, perfettamente comprensibile e giustificabile.

I primi capitoli analizzano e propongono una spiegazione all’incredibile sviluppo del megalitismo e della metallurgia in epoche arcaiche, in contrasto aperto con le attività tipiche delle tribù elementari di ogni luogo e tempo. Allo stesso modo, i primi centri urbani, i più antichi dei quali risalgono al X-IX millennio a.C., testimoniano uno sviluppo di conoscenze tecnologiche tale da considerarsi fuori dalla portata dei primi gruppi umani dell'epoca.
In buona sostanza, quello che appare agli studiosi tradizionalisti come un processo privo di organicità e continuità, frutto spesso del caso o delle circostanze, rappresenta per l'autore un chiaro esempio di come, già a partire dal Mesolitico, i primi insediamenti e le prime attività umane fossero parte di un più ampio programma, guidato da una ristretta élite, in possesso di conoscenze superiori agli standard dell'epoca, che traghettarono l'uomo dall'oscura condizione primitiva al pieno splendore delle prime civiltà evolute. Questo piano fu attuato dopo un catastrofico evento che intervenne a modificare le condizioni ambientali e climatiche generali, attorno all'11.500 a.C. Un cataclisma che portò all'estinzione di molte specie di animali, che contribuì a rimodellare il pianeta fino a dargli le caratteristiche che noi oggi conosciamo. Portò, infine, alla modificazione di alcuni parametri fondamentali nella biologia umana.
Il libro, una sorta di documentario narrato, si mostra elegante e pregevole per il modo in cui gli argomenti inseriti conducono il lettore dentro fenomeni apparentemente complessi Questi, trovano una loro logica solo se inseriti nel giusto ordine temporale e sequenziale. Senza questo processo di metodica concatenazione, ben poco della nostra preistoria potrà essere interpretato in modo corretto. Le teorie finora proposte lasciano scettico l'autore, per il quale le testimonianze che ci possono aiutare a capire le nostre radici biologiche e culturali sono state volutamente modificate e ammorbidite, forse per rendere meno inquietanti alcune verità scomode. Ciò che in origine aveva un ruolo e un significato terreno e umano, diventa poi parte di un complesso gioco di fenomeni ascrivibili, per convenzione e comodità, alla sfera psichica e religiosa. Eppure, nel panorama antropologico, non esiste un solo esempio di società semplice che muove dalla condizione mentale per realizzare la propria realtà materiale. Anzi, è scientificamente vero il contrario. Ma per le interpretazioni ufficiali il processo di evoluzione umana apparirebbe privo di logica, sarebbe un mistero, uno dei tanti che scienza e religione si rimbalzano a vicenda.
La figura chiave del libro è rappresentata dalla Grande Madre, una figura in apparenza mitica e simbolica, ma tanto reale da costringere le due grandi religioni monoteiste, l'ebraismo e il cristianesimo, a fare i conti con essa in modo profondo e duraturo. Dalle evidenze emerse e proposte, risulterebbe che la Grande Madre abbia avuto che fare con la Sardegna molto più di quanto raccontato finora. E chi leggerà il libro ne comprenderà appieno il motivo, che qui riassumiamo all’essenziale.
Come narrano alcuni antichi testi egizi, in passato sarebbe esistita un'isola, emersa dal caos della creazione, dalla quale sarebbero partite le migrazioni dei popoli che diedero vita alle più grandi civiltà del passato, quelle stesse che apparentemente emersero dal nulla: sumeri, egizi, cretesi, etruschi e altre. Con un percorso narrativo agile e snello, sempre supportato da riferimenti precisi e puntuali, il libro arriva alla sorprendente e intrigante conclusione che fu proprio la Sardegna la prima tappa di alcuni di questi grandi popoli del passato. E le tracce di un'avanzata civiltà, nel pieno di una mediocrità culturale diffusa altrove, dimostrano che nell’Isola questi gruppi erano gradualmente introdotti ad alcune semplici e fondamentali conoscenze culturali e tecnologiche. Dopo aver raggiunto un certo livello di sviluppo, venivano destinati a stanziarsi altrove, con il compito di colonizzare altre regioni. Questo processo durò per diversi millenni, fino al XII secolo a.C., periodo in cui la Sardegna conobbe un drastico impoverimento demografico che, secondo l’autore, sarebbe dovuto proprio all’improvvisa partenza degli ultimi popoli nati e cresciuti nell’Isola.


2 commenti:

  1. Ciao Ulisse,
    quel cataclisma è al tempo delle glaciazioni?

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  2. Mi pare una serie di concatenazioni molto azzardate, senza riscontri archeologici probanti una diaspora ed uno stanziamento "altrove", provato solo (e molto parziale) per l'Etruria costiera ma dal IX al VII secolo aC.

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