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mercoledì 25 luglio 2012

Esperidi: giardino ai confini del mondo

Esperidi: giardino ai confini del mondo
di Francesco Tanganelli





Giardino delle Esperidi: terra al di là dell’Oceano
Tentare di localizzare con precisione la sede di queste divinità si rivela, inevitabilmente, un’impresa assai ardua. Da un’analisi preliminare delle principali fonti antiche, infatti, possiamo notare come una certa insicurezza fosse diffusa già in epoche molto lontane, in merito alla posizione di questo luogo favoloso (spesso confuso, per il suo carattere ameno, con le Isole dei Beati). Esiodo per primo, nella sua opera, offre un vago accenno alla dimora delle Esperidi, che sarebbe situata vicino alla terra delle Gorgoni, al di là del famoso Oceano, sul confine, verso la notte’ (Teogonia, vv. 274-275).

Un primo problema che si pone per questa ricerca – ma che, per ovvi motivi, non potremo affrontare nel dettaglio, in questa sede – è quello di una preventiva definizione della concezione che i primi Greci avevano dell’Oceano: Okeanos era, infatti, il nome di uno dei Titani della mitologia greca (considerato da Omero, insieme con Teti, origine dei viventi e di tutti gli dèi), ma, al tempo stesso, era anche il termine che designava il gigantesco ‘fiume’ che, nell’immaginario degli antichi, circondava l’insieme delle terre emerse, rifluendo in se stesso, in un cerchio eterno e perfetto. Non sappiamo con certezza se, già agli inizi dell’età del Ferro, questa definizione fosse limitata solo ai veri e propri oceani, o se, piuttosto, fosse estesa, nell’insieme, anche a mari di ridotte dimensioni (e prossimi all’Egeo).

Fiumi di inchiostro sono stati versati, nel tempo, in merito a questo dibattito; e se, da un lato, è testimoniato, nell’antica tradizione poetica, l’uso del toponimo ‘Hesperia’, per indicare le terre situate nelle estreme regioni occidentali del Mediterraneo, come l’Italia e la Spagna (Virgilio, Eneide, III, 163-166; Orazio, Carmina, I, 36.4), si deve comunque sottolineare come, ancora oggi, una parte degli studiosi accademici – fra cui anche V. Manfredi – ritenga che, già a partire dall’età di Omero, il nome Oceano designasse proprio quel grande mare situato oltre lo Stretto di Gibilterra (le future ‘Colonne d’Ercole’).

Anche l’indicazione ‘verso la notte’, a sua volta, può celare un importante valore topografico, se pensiamo all’ Occidente come al luogo in cui il sole scompare, lasciando il posto alle tenebre. L’unica eccezione a questa generale interpretazione sembra essere rappresentata dallo Pseudo-Apollodoro (Biblioteca, II, 5.11), che colloca Atlante (e le Esperidi) nel paese degli Iperborei, situato nelle oscure regioni settentrionali del mondo.

Le Isole delle Esperidi
L’idea di una terra oltre l’Oceano (presumibilmente, di carattere insulare) trova riscontro anche in diversi autori romani, che, per la maggior parte, ne menzionano la collocazione in prossimità delle remote coste dell’Africa occidentale: sia il geografo Pomponio Mela (Corografia, III, 100), sia l’ammiraglio Plinio il Vecchio (Storia Naturale, VI, 201) – entrambi attivi nel I secolo d.C. – accennano, infatti, all’esistenza di due isole dette ‘Esperidi’, ubicate lungo la costa atlantica del continente africano.

Nei secoli, si è creduto di poter individuare queste isole ora nell’arcipelago delle Canarie, ora fra quelle di Capo Verde. Sempre nell’opera di Plinio il Vecchio (Storia Naturale, VI, 202), inoltre, si riportano anche i giorni di navigazione necessari a raggiungere queste isole, a partire dalle Gorgadi (la rotta era illustrata in uno scritto di Stazio Seboso, oggi perduto): stranamente, però, i giorni necessari al viaggio ammontano a ben quaranta, quando le stesse Esperidi non disterebbero che un solo giorno dal Corno di Espero (un promontorio della costa africana, situato in prossimità delle Gorgadi).

Questo dato, giudicato contraddittorio già dallo stesso Plinio, non ha comunque impedito ad alcuni lettori di intravedere, nelle Esperidi di Seboso, un riflesso (assai improbabile) delle Americhe precolombiane. Il geografo Strabone, al contrario, ci parla di un’unica isola, chiamata Erizia (Geografia, III, 2, 11), situata di fronte alla città costiera di Gades (la futura Cadice), lungo il litorale atlantico della Penisola Iberica: essa non è indicata dall’autore come la sede delle Esperidi, ma il suo nome riecheggia inequivocabilmente quello di una di esse.

La notizia trova riscontro anche in Esiodo (Teogonia, vv. 289-294) e pure in Erodoto – il ‘padre della storiografia’, vissuto nel V secolo a.C. – che indica l’isola come la dimora del mostruoso re Gerione (Storie, IV, 8, 2). Eratostene di Cirene (famoso scienziato alessandrino, la cui versione è riportata sempre da Strabone) asserisce, invece, che Erizia era nota con il nome di ‘Isola dei Beati’, mentre da un frammento della perduta Gerioneide (S8, dal Papiro di Ossirinco 2617), attribuita al poeta arcaico Stesicoro, sappiamo che sull’isola di Erizia vivevano anche le Esperidi, in case fatte d’oro.




I Giardini delle Esperidi
Al tempo stesso, però, è nota anche l’esistenza di Horti (Giardini) delle Esperidi, situati in diverse località dell’entroterra africano: sempre Plinio il Vecchio (Storia Naturale, V, 3), infatti, identifica anche un Giardino delle Esperidi nel regno di Mauretania (l’attuale Marocco), nelle vicinanze del fiume Lixus (in prossimità del quale esisteva, già da tempo, una colonia cartaginese). In Cirenaica (l’odierna Libia), invece, sarebbe stato presente un secondo Giardino delle Esperidi (Storia Naturale, V, 31), non lontano dal fiume Lethon, in corrispondenza della città di Berenice (la moderna Bengasi, anticamente nota come ‘Euesperide’). Anche Erodoto è a conoscenza di questa città (che, al suo tempo, non aveva ancora ricevuto il nome della sposa del re Tolomeo III Evergete) e ne fa più volte menzione nei suoi scritti, esaltandone la grande fertilità del suolo (Storie, IV, 198).

La presenza di più luoghi connessi a queste divinità non deve stupire: non è da escludere, infatti, che l’esistenza di diversi Giardini delle Esperidi possa essere il prodotto di un’esplorazione progressiva e graduale del continente africano, da parte degli antichi viaggiatori (secondo una tendenza a traslare sempre più lontano le più remote ambientazioni mitologiche, contrassegnanti i confini del mondo conosciuto, in seguito all’incremento delle cognizioni geografiche).



Nelle immagini:
sopra, Perseo e Medusa
sotto, Atlante in trono del Pittore dell’Oltretomba



Fonte: www.antika.it

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