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mercoledì 2 marzo 2011

Il Santuario di Delfi - 1° parte di 3




Alla ricerca del tesoro di Spina nel santuario greco di Delfi
di Giuseppe Sgubbi



Abbreviazioni
AA=Antichità Altoadriatiche; AMAP=Atti e MemorieAccademia Pad
ASAA=Annuario Scuola Archeologica Atene; ASNSP= Atti Pisa
BCH =Bullettin de Correspondence Hellènique ; CISA= Contributi Istituto Storia Antica: CCRB= Corsi di Cultura sull’Arte Ravennate e Bizantina; MEFRA = Melanges d’Archeologie de Ecole Francaise de Rome; PP= Parola del Passato; QUCC= Quaderni Urbinati di Cultura Classica; RM= Mitteilungen des Deutschen Archaeologischen (Roma); RAL= Rendiconti Accademia dei Lincei; RIL= Rendiconti Istituti Lombardi; RFC=Rivista di Filologia Classica; RSA=Rivista Storia della Antichità; SCO=Studi Classici e Orientali; SE= Studi Etruschi.



Lo spunto per queste ricerche l’ho avuto al seguito di un viaggio in Grecia.
Quattro autori antichi, nel corso delle loro opere, ricordano la presenza del “tesoro” degli Spineti nel santuario greco di Delfi.
(Per tesoro si intende una piccola costruzione a forma di tempietto che, costruita dentro al recinto sacro, aveva la funzione di custodire i doni offerti ad Apollo a ringraziamento per i consigli ricevuti, perciò non un contenuto ma un contenitore.
Questi autori antichi sono: Strabone(V-I-I7) in occasione della descrizione del Delta Padano, ancora Strabone(IX-3-8) in occasione della descrizione del santuario delfico, Dionigi di Alicarnasso(I-I7) in occasione della descrizione della fondazione di Spina da parte dei Pelasgi, Plinio (III-I6) in occasione della descrizione del Delta Padano, Polmone (Ateneo XVIII 6°6 A) in occasione della descrizione della Grecia.
Nonostante queste inoppugnabili testimonianze, tre persone greche, addette ai lavori: la guida, il direttore del museo di Delfi e uno studioso locale, appositamente interpellati riguardo della presenza del tesoro di Spina, non hanno saputo dirmi alcunché. Ritornato a casa ho ritenuto opportuno fare le necessarie ricerche, questi sono i risultati.
Lo studio riguardante la possibile individuazione del tesoro degli Spineti a Delfi, comporta anche l’approfondimento di vari temi ad esso collegati: antiche rotte Adriatiche, antiche migrazioni, rapporti fra Greci ed Etruschi... Si tratta di vicende, che senza alcun dubbio, hanno condizionato la storia e la protostoria, sia dell’area Spinetica che Romagnola.

Il tesoro degli spineti nelle testimonianze antiche
Strabone(V-I-7);
“Anche Altino è situata nelle paludi in una posizione somigliante a quella di Ravenna, fra mezzo trovansi Butrio castello di Ravenna e Spina che ora è un borgo ma anticamente fu una città Ellenica famosa. Però a Delfi suol farsi vedere il tesoro degli abitanti di Spina ed altre cose sogliono farsi raccontare intorno ad essi siccome di un popolo stato una volta potente in mare. E dicono che anticamente questa città era situata lungo il mare, ma ora è invece dentro terra e distante dal mare circa novanta stadi”.

Strabone (IX-3.8);
La ricchezza suol essere invidiata perciò è difficile da custodirsi anche quando è sacra. Però il tempio di Delfo è al presente poverissimo, giacchè i suoi voti consacratvi, i più preziosi furono portati via e se ne rimangono ancora sono quelli di minor pregio, Anticamente però questo tempio fu ricchissimo lo attesta anche Omero, ma delle ricchezze da lui menzionate non ne rimane nessuna vestigia, erano quasi tutti voti consacrati da vincitori come primizie del bottino guadagnato nelle loro guerre e vi si leggevano ancora le iscrizioni che attestavano l'’origine di quei doni ed i nomi dei donatori, per esempio dei Sibariti e degli Spineti sul golfo Adriatico.
Chissà perché Strabone sente il bisogno di aggiungere dopo la parola Spineti anche la voce dell’Adriatico, ha forse voluto dire che sapeva della esistenza di due città con tale nome? In verità in Licia vi era una altra Spina, (Lattes 1894 pag. 35) questo potrebbe significare che il nome alla Spina adriatica è stato dato da popolazioni provenienti dall’Egeo e non che ha preso il nome dal ramo del Po chiamato Spinete.
Plinio il Vecchio (III-I6);
“Il Po porta a Ravenna per mezzo della fossa Augusta dove ora è chiamato Padusa e un tempo Messanico, vicino è la foce che ha la grandezza di un porto che, è detto Vatreno da un fiume che scende dalle colline imolesi. Questa foce era detta prima Eridanica e da altri Spinetica, dalla città di Spina, fondata da Diomede,la quale primeggiò nei dintorni come induce a credere il “tesoro” esistente a Delfi”.
Dionisio di Alicarnasso(I-I7);
“Alcuni di quei Pelasgi che abitavano nella Tessaglia, stirpe greca proveniente dal Poloponneso, costretti ad abbandonare le loro terre, dopo alterne vicende trovarono rifugio nell’interno presso gli abitanti di Dodona, ma si fermarono solo per un tempo ragionevole, e lasciarono quindi la zona seguendo l’indirizzo dell’oracolo di navigare verso l’Italia chiamata a quel tempo Saturnia:costruirono molte navi e salparono verso lo Ionio, ma a causa dei forti venti del Sud e della scarsa conoscenza di quei luoghi, furono portati oltre ed ormeggiarono in prossimità di una delle foci del fiume Po chiamata Spinete.
Fondarono Spina, ebbero molta fortuna certo molto più delle altre città dello Ionio divenendo per lungo tempo i più potenti dominatori del mare tanto da essere in condizioni di portare al santuario di Delfi decime più belle quanto mai, ricavate dalle loro attività marinare, successivamente attaccati da barbari che abitavano in zone confinanti, furono costretti ad abbandonare la città. Cosi scompare la stirpe dei Pelasgi che si era stabilita a Spina “.

Polemone(Ateneo XVIII 606) ;
“A Delfi nel tesoro degli Spinati, vi sono due statue in marmo di fanciulli dicono gli abitanti di Delfi che un visitatore del santuario si sarebbe innamorato di una delle due immagini, ragion per cui si sarebbe fatto chiudere nell’edificio e per questo amplesso avrebbe lasciato una corona”.
Il sito di Spina
Nonostante la città di Spina sia stata, seppur solo in parte trovata, come pure sono state trovate le oltre 4OOO tombe che facevano parte del suo sepolcreto, nonostante che questa città sia ricordata da molti scrittori antichi; oltre ai già ricordati Strabone, Plinio e Dionisio di Alicarnasso, occorre aggiungere Stefano Bizantino (v Spina), Ps Scilace (I7) e Trogo-Giustino(XX-I-II), nonostante la sterminata bibliografia che questa città puo vantare; basti pensare ai numerosi atti di convegni a lei dedicati Spina (I959), Spina (I96O), Spina (I992), Spina(I993), Spina (I994), Spina(I998), ebbene nonostante tutto questo, di Spina si sa poco: poco sul suo nome, sulla sua origine, sul suo sviluppo, sulla etnia dei suoi abitanti e sulla sua fine. Giustamente qualcuno ha definito questa città una sfinge.
Una delle ragioni per cui le sue vicende sono rimaste tanto enigmatiche è dovuta al fatto che nella stessa area deltizia, ma distanziate da almeno 5 secoli, sono esistite due città con lo stesso nome (Ferri I959 pag 59-63).
Una è la Spina etrusca, cioè la città in parte trovata e che dalla ceramica risulta esistente dalla fine del VI all’inizio del III a.C, l’altra è la Spina “pelasgica” ricordata da Dionisio di Alicarnasso, che sarebbe stata fondata dai Pelasgi all’epoca della guerra di Troia, intorno al 1200 a.C. Si tratta di due realtà diverse, da qui le incertezze, da qui la confusione. Vediamo con l’ausilio delle testimonianze antiche dove è possibile localizzare la pelasga.
Sappiamo da Ellanico (apud Dionisio di Alicarnasso I-28) e dallo stesso Dionisio, che sarebbe stata fondata in un ramo del Po detto Spinete; da Stefano Bizantino si apprende che era collegata al ramo Spino; nel periplo dello Ps Scilace (17) è scritto che per arrivare a detta città occorreva risalire un corso di acqua per almeno tre km, di quale corso si trattava ce lo dice Plinio, (cit,) si trattava di un ramo del Po, detto Spinete, alimentato da un fiume, proveniente dalle colline imolesi, chiamato Vatreno (Santerno), che successivamente darà il nome alla foce. Da queste antiche testimonianze, come si può vedere, non è possibile sapere con esattezza a quale delle due Spina essi si riferiscono. Dubbioso è anche il riferimento di Strabone, quando dice che al suo tempo, I d.C. oppure al tempo della sua fonte, (Artemidoro I a.C), la città di Spina distava dal mare oltre I5 km.
Al riguardo della localizzazione della Spina pelasgica, la stragrande maggioranza degli studiosi moderni ha preferito non prendere posizione, uno di loro il Ferretti Spadazzi (I983 pag 80), ha proposto che potrebbe corrispondere all’abitato venuto alla luce a Frattesina Terme, prov Rovigo. La motivazioni che lui riporta è che questo è il maggiore insediamento di epoca pelasgica della zona e che si trovava in un ramo del Po ora estinto.
Questa sua proposta cozza contro una incongruenza difficilmente superabile; la Spina pelasgica doveva per forza trovarsi collocata a meridione del Po; non si vede diversamente come i Pelasgi potessero dirigersi in Etruria passando da Cortona. Difficilmente perciò Frattesina corrisponde al luogo dove era questa primitiva Spina. Magari potesse trovarsi tanto lontano dal mare! perché in tal caso potrei proporre, con maggior probabilità, che possa anche corrispondere all’abitato preistorico venuto alla luce dove io abito, cioè a Solarolo prov Ravenna. Si tratta di un abitato che ha le stesse caratteristiche di Frattesina, l’unica diversità è che, nonostante sia stato scoperto da quasi venti anni, di questo abitato non si sa quasi niente, mentre invece di Frattesina, si sono sapute molte cose dopo solo due mesi che era stato scoperto.
Non propongo Solarolo come l’area dove potrebbe essere ubicata la Spina Pelasga, anche se non si può escluderla, in quanto intendo fare una supposizione più credibile. Da tempo sostengo (Sgubbi I992), purtroppo inascoltato dagli addetti ai lavori, che ove ora è tracciata l’antica via Longa, una strada che partendo dalla via Emilia in corrispondenza della valle del Senio, arriva fino ai lati meridionali delle valli di Comacchio, vi era da tempi antichissimi una striscia di terra alta, esente da alluvioni, che senza alcun dubbio è stata usata in antico come importante direttrice terrestre. L’antichità di questa via è archeologicamente documentata dalla presenza ai suoi lati di numerosi insediamenti del Bronzo e Villanoviani, venuti alla luce al seguito di arature, perciò a piccole profondità.
Questo antico tragitto terrestre ha tutte le caratteristiche per corrispondere al tragitto ricordato dallo Ps Scilace (Sgubbi I992), che con tre giorni di cammino, era possibile congiungere Spina con Pisa. Pur avendo forti dubbi sulla possibilità che in soli tre giorni di viaggio si potessero percorrere oltre 2OO km, tale percorso può segnare la strada che collegava Spina con Felsina, una strada più volte cercata, ma mai trovata in quanto si è cercata dove assolutamente non poteva trovarsi. Che questo tragitto terrestre era per gli Spineti il più comodo per arrivare alla via Emilia, e poi deviare verso Bologna, lo dimostra anche il fatto che i sassi trovati a Spina provengono, o dalle Alpi o dall’Appennino Romagnolo, questo significa che non vi era una strada che congiungeva in linea diretta, Spina e Bologna, in quanto in tal caso, sarebbe stata usata anche per il trasporto dell’indispensabile materiale sassoso, che sarebbe stato di provenienza appenninica, ma del bolognese. Indipendentemente da tutto ciò, il ritrovamento in tale direttrice, di ambra tipo Tirinto (Catarsi Dell’Aglio I993 pag 43) e due frammenti di ceramica, da alcuni considerati Micenei, a cui naturalmente vanno aggiunti anche i reperti micenei venuti alla luce nel Mugello, cioè nel versante toscano, dimostrano che in antico questa via era molto praticata.
Ed è proprio lungo questa direttrice che a mio parere occorre cercare la Spina pelagica, ma dove esattamente? Forse ci può essere di aiuto la testimonianza di Plinio il Vecchio: questi come in parte abbiamo già visto, dice che il ramo Spinete, ove venne fondata Spina, era formata da un corso di acqua proveniente dall’imolese; il Vatreno (Sgubbi I983), ebbene questo corso di acqua formato in antico dal Santerno, dal Rasena (Marziale Epigrammata) e dal Senio, che potrebbe corrispondere alla attuale foce del Reno, non dovrebbe essere, con l’ausilio delle foto aeree, difficile rintracciarlo, ebbene una volta rintracciato, occorrerebbe trovare dove incrociava la sopra citata antica direttrice, e proprio li, a mio parere, occorre cercare la Spina pelasgica. Dicono Uggeri Patitucci (1974 pag 70-91) che 3000 anni fa la linea di costa si trovava ad almeno 30 Km dall’attuale. Se cosi è, questa Spina pelasga occorre cercarla molto più lontana dalla Spina Etrusca. Dice il Ferri (1957 pag 97) di cercarla a 4 o 5 Km ad ovest, personalmente credo che dovremmo cercarla più lontano. Ciò che consiglia il Ferri (cit.) potrebbe essere valido ritenendo che Spina sia stata costruita come Ravenna e Venezia sopra delle isole, ma come abbiamo visto, Dionisio di Alicannaso dice che questi Pelasgi salirono il ramo dello Spinete; da questa testimonianza non è possibile sapere di quanto risalirono questo corso d’acqua, ma sicuramente fino a che non trovarono molta terraferma. Ebbene la terraferma non era lontana, infatti, senza alcun dubbio, trovarono la striscia di terra prima ricordata, e sicuramente in quel luogo fondarono Spina. Si deve anche tener presente che in antico gli abitati venivano costruiti un po’ all’interno per non dover subire le scorrerie piratesche. Perciò se io avessi il compito di cercarla inizierei senz’altro dall’arco di terreno, S’Alberto, Madonna del Bosco, Longastrino. e verrei molto in su, anche perché, come è noto, fra il periodo Protovillanoviano ed il periodo Etrusco, vi fu un lungo peggioramento climatico che fece avanzare di molto la linea costiera.

...domani la 2° parte

Immagine da kuthumadierks.com

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