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martedì 15 febbraio 2011

Sea Peoples - La storia dei popoli del mare 3° parte di 5


L'Egitto e l’Haou-Nebout:
Attorno al IV Millennio a.C. non esisteva la dicotomia fra scienza e religione ma vigeva la "scienza sacra" il cui compito era la ricerca dell'armonia assoluta fra alto e basso, fra cielo e terra: fu così che l'Egitto venne creato a immagine del cielo. Una regione oscura in riva al mare potrebbe aver generato la civiltà da cui proveniamo, ed è nei testi sacri egizi che un luogo ancestrale viene per la prima volta nominato: l'Haou-Nebout, un luogo ai confini nord-occidentali del mondo. Nell'antichità era universalmente accettato il concetto che al di là delle Colonne d'Ercole si estendesse un unico vasto mare che circondava la terra, a sua volta delimitato dallo scorrere del fiume Oceano, il Sin-wur, letteralmente il grande circolo. Anche nei poemi omerici Oceano è il fiume che scorre nel Grande Mare, tuttavia ben distinto da esso. Abbiamo quindi l'equivalenza fra il fiume Oceano che scorre nel grande mare, e il Sin-Wur che scorre nel Wad-wur, cioè il Grande Verde, espressione che gli egizi adottavano per mare-oceano, ossia l'intero mondo marino. Per gli egizi l'Haou-Nebout sono le isole nel centro del Grande Verde. Le genti di questa area geografica non bene identificata saranno celebri in Egitto come importatori di pietre preziose e metalli. Particolarmente celebrata sarà una loro principesca ambasceria giunta ai tempi di Tuthmosis III e le cui immagini sono immortalate nella tomba di Rekmire, gran visir e addetto al cerimoniale del faraone. Questi popoli rappresentarono la peggior minaccia che l'Egitto abbia subìto dal tempo del dominio degli Hyksos, con il grande tentativo di invasione ai tempi di Ramesse III. Rimarranno celebri nella storia come i popoli del mare, definizione di Maspero che sintetizzava una espressione con cui gli egizi li conoscevano e identificavano: coloro che vivono nelle isole del cuore del Grande Verde. Alla domanda “chi sono gli Haou-Nebout?”, la storia ci riserva una risposta dubbia, perché saranno i mercenari greci in servizio in Egitto verso l'VIII a.C. a venire usualmente così chiamati. La conferma di ciò risiede nella famosa Stele di Rosetta, di epoca tolemaica, dove il termine viene tradotto con "hellenikos". Fu automatico, una volta legato il termine ai greci, creare l'equivalenza: isole dell'Haou-Nebout = isole della Grecia. Il grande problema che si pone di fronte a questa realtà è il seguente: dato che i greci appaiono con i micenei (Achei) verso il 1700 a.C., come è possibile che gli egizi conoscessero il termine Haou-Nebout, che equivarrebbe a greci, prima del 3000 a.C.? Ma da quando esiste la genìa dei greci? I testi egizi sembrano non essere stati compresi. Quella equivalenza derivata dalla Stele di Rosetta è inaccettabile.
Erodoto afferma che il popolo greco usò sempre e costantemente la stessa lingua. Staccatosi ancora debole dal ceppo pelasgico, si ampliò fino all'agglomerato di popoli che comprendeva varie altre popolazioni pelasgiche e numerosi altri barbari. Dal 1956 quando Michael Ventris e Chadwick decifrarono la lineare B, sappiamo con certezza che i micenei (Achei) erano quei greci che parlavano il greco che abbiamo studiato a scuola. L'aristocrazia guerriera dei micenei, contraddistinta dall'uso del carro da battaglia, è giunta sulla scena della storia contemporaneamente alle caste guerriere dei Mitanni e degli Hyksos. Inoltre sappiamo che micenei furono fra i più grandi navigatori che la storia ricordi.
Il cavallo era considerato un bene prezioso, tanto che un documento di Ugarit rivela che una coppia di cavalli venne acquistata dal re della città e pagata con molti kg di stagno. L'origine del carro leggero a due ruote a raggi, con il cavallo addestrato al combattimento, è indo-iranica e si deve ai Mitanni, come testimonia il trattato di Kikulli. Taylour afferma che quando i micenei compaiono sulla scena, i ritrovamenti delle tombe a fossa mostrano una cultura già ricca e complessa con ambra proveniente dal Nord, avorio della Siria e oro dall'Egitto. Del tutto diversi appaiono i minoici: dolicocefali e sbarbati, mentre brachicefali e barbuti erano i micenei.
Le mura ciclopiche che circondavano la città di Micene custodivano il potere del Wanax, il principe guerriero. Le tombe circolari a cupola minoiche di Creta che Evans paragonò a quelle disseminate in Libia, formulando l'ipotesi che i minoici fossero giunti profughi dall'Egitto dopo l'unificazione di Menes intorno al 3000 a.C., si trasformano nelle monumentali tombe a tholos conosciute come il Tesoro di Atreo o quello dei Minii ad Orcomenos. Questa potenza, esplosa dopo il 1650 a.C., fu il frutto di un'egemonia non certo su spazi terrestri ma su aree marittime, ed ebbe nell'Egeo il suo luogo centrale. È probabile un grado di parentela fra i micenei e i nobili indoeuropei che alla guida degli Hyksos erano penetrati in Egitto conquistandolo verso il 1720 a.C. La dinastia degli Hyksos dominava tutta una serie di vassalli e, durante il regno di Khyan, la pressione tributaria sull'Egitto e sulle regioni cananee era pesante. Mantenevano relazioni commerciali con i minoici e con i babilonesi, e manufatti egizi che recano il nome di Khyan sono stati ritrovati a Babilonia, a Cnosso e a Hattusa. Gli Hyksos veneravano Seth (Sutekh) Signore dei deserti, dei vulcani e del mare, l'analogo di Poseidone, come afferma anche Plutarco, ed era la principale divinità degli Achei (micenei). C'è un particolare affascinante a proposito dell'identità Seth-Poseidone: al primo deve collegarsi il cavallo, dal momento che furono gli Hyksos ad introdurlo in Egitto, ed è proprio Poseidone a fregiarsi del titolo di Hippios, vantandosi di aver creato di cavallo, una cosa insolita per un dio del mare. Seth viene raffigurato sia nei testi delle piramidi che nel papiro Chester Beatty, che descrive il mitico scontro con Horus sulla prua di una nave. La sfida si consuma in un luogo che ci interessa: le isole del centro del Grande Verde che fanno parte dell'Haou-Nebout. Osserviamo che alcune caratteristiche di Seth, dio del deserto, sono assimilabili al dio delle tempeste degli ittiti, e allo stesso Dio ebraico (Yahweh), ricordando che il deserto è "come un mare in cui non si affonda il remo", di cui si deve temere la forza distruttrice e dove l'orientamento e la vita dipendono sempre dalla conoscenza della volta del cielo. Seth era un dio equivoco già nella mitologia osiriaca egiziana che l'aveva confinato a regnare fuori dal territorio dell'Egitto, nei paesi stranieri.
Ma ritorniamo ad achei e troiani. L'appellativo acheo designa genti guerriere e costoro, a dispetto delle teorie proposte, non mostrano prove di attraversamento del territorio né anatolico né balcanico. Ricordiamo che in epoca classica i greci consideravano brevi le distanze sul mare, lunghissime e inaffrontabili quelle su terra. Il legame profondo con il cavallo è dimostrato dal fatto che quest'ultimo era inumato insieme proprietario. Con l'invasione dei Dori intorno al 1200 a.C. e il crollo della potenza micenea, il mondo greco si dividerà in due grandi gruppi che entreranno in era storica: i Dori e gli Ioni, in continuità e in linea pelagica con le altre popolazioni eroico-leggendarie dell'Ellade. Il legame fra la civiltà micenea, per la quale il mare è divino e la madre del grande Achille è la dea marina Teti (una delle Nereidi), e la civiltà megalitico atlantica è fortissimo, e ci riconduce all'Oceano. Pensiamo alle tombe a tholos micenee che si pensavano punto di partenza dell'architettura megalitica.
Perché i micenei consideravano l'ambra più preziosa dell'oro?
Perché è presente in grande quantità solo nelle più antiche tombe a fossa e scompare successivamente?
Si trattava quindi di un bene non più raggiungibile e probabilmente i preziosi manufatti dovevano essere appartenuti ai primi colonizzatori micenei provenienti da una sconosciuta patria. L'ambra proviene dallo Jutland, non è certo un bene mediterraneo nè orientale, e alcune tazze d'oro trovate in Cornovaglia (tombe del Wessex) sono identiche ad altre micenee, come micenea appare la spada incisa su uno dei triliti di Stonehenge. Gran parte dello stagno utilizzato in Egeo proviene dalla Cornovaglia. Sino a quando abbiamo pensato che dall'Egeo si fosse espansa la civiltà, tutto ciò poteva avere un senso logico, ma oggi sappiamo che Stonehenge era già terminata quando la civiltà micenea non era ancora nata. Ci chiediamo quindi se la terra d'origine, peraltro ignota, della civiltà megalitica e degli achei-micenei non fosse la stessa. E' a questo punto che si rende necessario un approfondimento del termine Haou-Nebout, non solo geografico ma anche etnico, infatti come sappiamo indica i popoli del mare. Gli egizi lo collocano in uno spazio di enormi dimensioni agli estremi confini nord-occidentali del mondo. Ne facevano parte le isole del centro del Grande Verde, cioè il mare Oceano ed un numero rilevante di popoli nordici su altre isole chiamati generalmente "i paesi nordici". Spazi che si estendevano lungo quello che gli antichi consideravano il limite dell'universo terrestre, cioè il Sin-wur.


I nove archi
In ogni testo che canti le lodi del faraone è quasi di rigore che appaia l'augurio che il faraone tenga sotto i suoi piedi i nove archi, ossia le nove razze, che rappresentano per gli egizi l'intero genere umano. Già su un masso di epoca predinastica a Ieracompolis si ritrova questo testo inciso sotto la pianta dei piedi della statua del faraone Gioser, costruttore della prima piramide a gradoni di Saqqara. Lo studioso Vercoutter afferma: sembra che a quell'epoca gli archi designassero l'universo umano sottomesso al re, in opposizione all'universo divino. Nei testi delle piramidi troviamo scritto che come in cielo governano i nove Dei (ossia l'Enneade), così in terra nove sono i popoli che dominano, o da dominare. Il primo dei nove Dei è Ptah, padre degli dei dell'Enneade e creatore del genere umano; i primi della lista dei nove archi sono gli Haou-Nebout. Come potevano le piccole isole della Grecia e i greci stessi con cui gli storici identificano gli Haou-Nebout ricoprire un ruolo simile nella conoscenza egizia, quando appariranno solo nel XVI a.C.? Alla radice della famiglia umana l'Haou-Nebout sembrerebbe ricoprire un ruolo fondamentale. È da questo luogo perduto alla nostra conoscenza che dunque sarebbero partite le migrazioni, e le successive colonizzazioni, determinando così il concetto di nove popoli da cui di discenderanno tutte le genti? Questo è ciò che lascia supporre tale concezione egizia, già manifesta in tempi predinastici. Haou-Nebout significa ciò che sta al di là del Nebout, o ciò che sta attorno al Nebout. Con Haou-Nebout si indicano quindi dei territori, sostanzialmente isole, che si trovano al di là di una vasta area, forse paludosa, con una forte indicazione geografica di settentrionalità e lontananza estrema. Gli egizi inoltre indicano il Nebout come una regione dell'altro mondo, un mondo infernale a cui si accede sempre in barca, come racconta il libro di "Ciò che esiste nel Duat", corrispondente all'Ade dei greci. Ma dove è possibile localizzare l'Haou-Nebout? Gli egizi ne danno una sorprendente collocazione in associazione al Sin-wur: il limite estremo del mondo circondato dall'Oceano, inteso come circolo d'acqua che delimita e circonda il mondo. Questa definizione è vaga, ma come può un luogo inesistente procreare tante genti? Siamo pertanto obbligati ad integrarlo in uno spazio terrestre. Vercoutten ci segnala un testo incompleto della XII dinastia dove troviamo scritto: il Grande Verde dei Neb(ou)tiou. Essendo il Grande Verde identificabile con il mare universale, che nella sua ampia accezione comprendeva l'acqua anche di tutti i fiumi, siamo certi che gli egizi intendessero comprendere anche il Mediterraneo. E' nel mezzo del Grande Verde, racconta il papiro Chester Beatty, che avvenne il mitico scontro fra Horus e Seth. Si nota un legame profondo fra l'Egitto con il suo mito fondamentale e il "cuore del Grande Verde", che sappiamo essere parte dell'Haou-Nebout. Viene spontaneo associare il concetto di Nebout, localizzato nelle più remote distese marine, a quello di pelagos e quindi ai pelasgi ed infine ai pelasti (peleset-filistei) che provenienti dall'Haou-Nebout invaderanno il Mediterraneo nel 1200 a.C. L'Haou-Nebout è uno spazio molto vasto abitato da un insieme di razze con cui gli egizi ebbero rapporti fondamentali, poiché fondamentale appare il ruolo di questo termine che dagli albori percorre l'intero arco della civiltà egizia.

I Principi di Keftiou:
Come fanno notare gli studiosi Berni e Chiappelli nel loro libro sui popoli del mare, nella confusione che da sempre alberga fra i termini utilizzati per menzionare i popoli, l'unico dato che sembra storicamente accertato riguarda l'identificazione dei minoici con Keftiou, mentre i micenei erano i Danai. Lo studioso Donadoni, riferendosi a un testo del 1400 a.C., afferma che gli egizi possedevano un'ottima conoscenza dei territori egei e non si può quindi confonderli con le isole del Grande Verde e l'Haou-Nebout. Fra gli scritti recuperati dal tempio di Amenophi III, sei sono settentrionali e, fra questi, uno mostra una lista di nomi. Nel titolo ci sono Keftiou e Danai e si parla di oggetti lavorati "secondo la tecnica Keftiou" che giungevano in Egitto. Dalla parte opposta ci sono 12 nomi, fra i quali Amnisos (porto di Creta per Strabone), Phaistòs, Kydonìa, Mykènè, Wìlios, Nauplìa, Kythera, Wìlios, Cnossòs, di nuovo Amnisos e Lyktos. Il testo sottintende esperienze dirette, pratiche di navigazione e di portolani. Una realtà concreta con scambi di merci e di esperienze. Questo documento non ci fornisce la prova per cui sia possibile affermare che Keftiou sia Creta, dal momento che i termini sono usati come etnici e non come territoriali. Sulle pareti della tomba del gran cerimoniere di corte sono rappresentate le offerte dei popoli delle estremità della terra, con grande rilievo riservato ai popoli provenienti da occidente, descritti come i principi della terra di Keftiou, delle isole che sono in mezzo al Grande Verde. In quel tempo i micenei avrebbero già dovuto essersi sostituiti ai minoici a Creta, ma non sono certo i micenei a essere riprodotti sulle pareti della tomba. I testi sottolineano il diverso atteggiamento dei Keftiou, che hanno solo sentito parlare delle vittorie del faraone, mentre i popoli che portano le loro offerte hanno invece assistito ai trionfi di Tuthmosis III su questi paesi. Sono principi Haou-Nebout del Grande Verde quelli rappresentati, ma le vesti e gli elementi decorativi non ci riconducono a nessun popolo conosciuto. I meravigliosi vasi d'oro e d’argento cui seguono gioielli, lingotti di rame, panelli di stagno, fili di perle, zanne di elefante, tessuti e altri oggetti, sono difficilmente interpretabili. Le forme dei vasi cesellati fanno pensare a modelli evoluti, lontani dalle forme legate all'epoca di Tuthmosis III (1470-1430 a.C.). Sono simili a quelli del tardo periodo ellenistico, sembra qualcosa che non dovrebbe esistere. Le eleganti e raffinate figure sembrano possedere il fascino sia degli egizi che dei minoici, ma non è un popolo conosciuto quello rappresentato. Si tratta di rappresentanti di un paese dove le pietre e i metalli preziosi sembrano essere abbondanti e la loro metallurgia straordinaria, un luogo dove vivevano elefanti e altri animali esotici. L'identificazione tra isole che stanno nel mezzo del grande mare e le isole egee è impossibile. Si trattò di immortalare un evento ben più eccezionale, e non la visita dei vicini egei.
L'esclusivo omaggio tributato dai principi delle lontane isole era stato giudicato come l'evento cerimoniale più rilevante.
Come è stato possibile identificare Keftiou con Creta?
Era nominata insieme alle isole del centro del Grande Verde, confuse e scambiate con le isole dell’Egeo, per cui la prima fra queste non poteva essere che Creta. Quando si riferiscono a Keftiou gli egizi indicano un paese situato a occidente, ai confini estremi del mondo conosciuto, cosa che non si accorda con l'immagine di Creta o dell'Egeo, ma rientra nell'orizzonte dell'Haou-Nebout, agli estremi universali, con la necessità di utilizzare speciali imbarcazioni per raggiungerla. Ma se Keftiou va relegata nel lontano orizzonte oceanico, con quale nome indicavano Creta gli egizi? Attribuire agli egizi conoscenze geografiche e un orizzonte così limitato si infrange contro ogni aspetto del loro sapere. È sufficiente pensare al rapporto degli egizi con gli Ittiti che, pur trovandosi sulla sponda opposta del Mediterraneo, non erano mai stati considerati abitanti dei confini del mondo. Sui documenti il nome di Creta esiste, ed è decisamente più appropriato, per quella che abbiamo sempre conosciuto come l'isola di Minosse: Me(i)nous. Popolata dai Keftiou, è riportata nelle varie liste dei popoli, associata e preceduta da Keftiou. Nella tomba di Amenemheb, un personaggio della nobiltà militare della XVIII dinastia, c'è un testo che accompagna la raffigurazione di tributi, e cita: "i re del paese Keftiou e di Minous". Era Keftiou che dominava in mari e Minous-Creta era la sua base mediterranea. In alcuni elenchi di paesi stranieri Minous risulta associata anche a Isy e scompare dai testi dopo la scomparsa di Keftiou. I minoici partecipavano insieme ai Keftiou e agli Haou-Nebout del Retenou (Siria) a commerci di beni preziosi in tutto il Mediterraneo. Keftiou deve quindi essere considerata come regione naturale, o come civiltà, importante quanto quelle dei Mitanni e della Mesopotamia, e si situerebbe nel lontano occidente. Un testo del 2200 a.C. dimostra l'antichità del termine: "Non si scende più verso Biblos oggi, cosa faremo per i pini destinati alle nostre mummie, grazie all'importazione dei quali i sacerdoti vengono sotterrati, e con l'olio dei quali vengono imbalsamati i re? Arriveranno da lontano, quanto lo è il paese Keftiou". Oltre a notare che il termine Keftiou è utilizzato per designare l'estremo punto raggiunto dall'influenza egizia, si può osservare che lo scriba menziona soltanto l'imbalsamazione dei sacerdoti e dei re, e questo fa risalire a un'epoca in cui la tecnica della mummificazione era ancora poco diffusa in Egitto. La grande distanza non poteva certo essere quella con Creta, dove peraltro non possediamo esempi di mummie o di pratiche di mummificazione.
È quindi possibile individuare nell'Antico Regno una fase in cui i rapporti fra i due paesi risultavano consueti e non si trattava solo di scambi commerciali ma venivano condivisi particolari rituali come l'imbalsamazione. Keftiou compare negli elenchi dei paesi minerari da cui provengono durante la XVIII e XIX dinastia i beni preziosi del tesoro di Stato e nei quali sono citate anche le isole del Grande Verde. Creta e le isole egee non possiedono pietre preziose nè metalli. Nella lista ci sono due regioni: il Nord e il Sud dell'universo. Al sud sono elencate le aree minerarie del deserto arabico e delle oasi libiche, mentre per l'emisfero nord, oltre a Keftiou e alle isole del centro del Grande Verde, sono menzionati anche i "confini marittimi del mondo". Per concludere l'argomento minerario bisogna ricordare che i lapislazzuli provengono solo dall'Afghanistan e, viste le distanze enormi che lo separano dall'Egitto, verosimilmente Keftiou e le isole del Grande Verde sono le esportatrici di questa preziosa risorsa. Un documento egizio conservato al Louvre riporta il seguente testo: "dato in ricompensa dal re Tuthmosis III al principe, padre divino, amato dal dio, confidente del re per tutti paesi stranieri e per le isole che sono in mezzo al Grande Verde, colui che riempie i magazzini di lapislazzuli e d'argento". A partire da Amenophi IV, i documenti che menzionano le isole del mezzo del Grande Verde diventano più precisi. In un testo scritto in occasione di una delle periodiche cerimonie dell'apporto del tributo straniero, che ebbe luogo nell'anno 12 (circa 1380 a.C.) del re Amenophi IV sono giunti alcuni abitanti delle isole del mezzo del Grande Verde, non a rendere omaggio al re, ma a portargli dei doni di loro spontanea volontà. Si legge: "il re dell'Alto e del Basso Egitto (Amenophi) fece la sua apparizione sul grande trono di argento per ricevere il tributo di Kharou (Siria), di Koush (Nubia), dei paesi occidentali, orientali e di tutti paesi stranieri messi insieme. Le isole del mezzo del Grande Verde portarono dei doni al re che era sul grande trono di Akhet-Aton, per ricevere tributi di tutti paesi stranieri e per dargli il soffio di vita". Si pensa subito al testo nella tomba di Rekmire in cui, in un'analoga occasione, i capi di Keftiou e delle isole del mezzo del Grande Verde vengono a portare dei doni per ottenere la protezione egizia e in Asia, indispensabile per i loro commerci. Intendevano ingraziarsi il faraone con doni meravigliosi per ottenere il consenso per commerciare liberamente con gli Haou-Nebout dell'Asia, anche loro principi dello stesso Haou-Nebout. Per la sapienza e la conoscenza egizia il centro del mondo non erano né le piramidi, né il Nilo, né Tebe, né Creta, bensì le isole Haou-Nebout nel cuore del Grande Verde, e Keftiou per molto tempo vi primeggiò. Al tempo di Tuthmosis III la potenza di Keftiou si avviava al declino e la delegazione intendeva mantenere i rapporti commerciali con gli Haou-Nebout delle rive dell'Asia, cioè i Mitanni, i principi del Retenou, e i Fenchou ma le conquiste del faraone, che controllava i territori dell'Asia, avevano richiesto un nullaosta ufficiale. I popoli della famiglia indoeuropea che si impossessarono dei vari regni asiatici compresa Babilonia con i Cassiti, vengono sempre definiti dagli egizi come paesi stranieri del Nord. Esiste una perfetta correlazione tra le espressioni "Haou-Nebout delle isole del Grande Verde" e "i paesi nordici che sono nelle loro isole". Allo stesso modo gli "Haou-Nebout delle rive dell'Asia" corrispondono all'espressione: "i paesi nordici delle rive dell'Asia". Dai tempi degli Hyksos l'area siro-palestinese si trovava saldamente in mano ai principi indooeuropei. Sarà contro costoro, i paesi stranieri del Nord dei confini dell'Asia, che sia Tuthmosis III che Ramesse II condurranno vittoriosamente le loro campagne asiatiche. A partire dal 1370 a.C., Keftiou non viene più citata ma ciò che indicherebbe il definitivo tramonto della sua potenza secolare non si adatta per nulla alla florida Creta micenea di quel periodo. Probabilmente Keftiou ha lasciato i minoici, che rappresentavano la loro più importante base del Mediterraneo, privi di quel sostegno fondamentale che la madrepatria gli procurava, e Creta-Minous fu preda degli agguerriti achei-micenei. Dal 1100 a.C., dopo l'invasione dei popoli del mare, anche la citazione di isole del centro del Grande Verde scompare dai testi, mentre il termine Haou trova ancora spazio, ma solo come ripetizione di formule arcaiche come quella dei "nove archi". Perché questi termini si sarebbero estinti dopo l'esodo dei popoli del mare nei testi egizi, se avessero effettivamente significato isole egee?
In conclusione Keftiou, che primeggia fra le isole del Grande Verde, è considerato dagli egizi alla stregua delle grandi nazioni come gli Ittiti, i Mitanni e i Babilonesi. Il Nebout è una sorta di mare poco profondo disseminato di isole, percorso da un circolo d’acqua e da canali in parte navigabili, ma che in base ai testi egizi potevano rappresentare una trappola labirintica per gli stranieri. Al di là del Nebout vi sono le isole che per la loro definizione sono considerate al centro del mare Oceano, il Grande Verde, considerato centro universale anche nella concezione geografica egizia. I documenti precedenti il 2000 a.C. lasciano intendere rapporti con l'Egitto che risalgono all'Antico Regno e testimoniano della grandezza di questa potenza che condivide con l'Egitto culti e rituali, compresa l'imbalsamazione del re e dei sacerdoti. Un'epoca in cui Menous-Creta ancora non aveva visto sorgere i suoi primi palazzi. L'Haou-Nebout doveva trovarsi in una posizione che ci porta a domandarci quali rapporti potevano esserci stati con la civiltà megalitica atlantica, la cui genesi si compie attraverso l'oceano. Sono gli stessi dei dell'Egitto che governano l'Haou-Nebout e vige lo stesso credo nell'aldilà. Loro è anche la maggior ricchezza materiale, poiché è sempre dalle isole che con navi speciali provengono metalli, pietre preziose, avorio di elefante, ambra e pasta vitrea. Una vera oceanica fucina di popoli caratterizzati dal marchio di "indoeuropeei".

Nell'immagine in alto il circolo delle tombe reali a Micene
Nell'immagine al centro la Tomba del gran visir Reckmire
Nell'immagine sotto sono rappresentati due Prìncipi di Keftiu

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